La storia di

Rik

Aver bullizzato e cyberbullizzato Marco oggi è motivo di vergogna e di riflessione. Eppure mentre realizzavamo video offensivi e volgari non riuscivo minimamente a comprendere le sue sofferenze. Da quando la vicenda è esplosa ho aperto gli occhi sul dolore altrui che è identico al mio.

Ascolta questa storia raccontata da Luca Pagliari

“Oversize indossa dei pantaloncini corti che dentro potremmo starci in tre.”

Guardo Tiziano che è già tutto eccitato. Lele e Mauri intanto con un cenno mi fanno capire che non devo
perdere tempo e allora io, facendo finta di niente, attraverso la palestra, entro nello spogliatoio e recupero lo smartphone che tengo nella tasca interna dello zaino. Il prof di educazione fisica non si accorge di nulla perché ha quasi tutta la classe attorno e si trova nell’angolo opposto, quello dove ci sono le pertiche, le pedane, le parallele e tutti quei cavoli di attrezzi.

Mi avvicino e lascio che Lele e Mauri mi coprano quanto basta per non essere visto dal prof e, soprattutto, da quella spia di Mary che non si fa mai gli affari suoi. Mary purtroppo è in classe con noi e difende sempre il ciccione, neanche fosse la sorella. Inizia l’attesa e tutti speriamo che accada il miracolo e infatti a un certo punto il prof pronuncia la frase che tutti aspettavamo con ansia: «Marco, nessuna paura e stai tranquillo, ci riproviamo a salire la pertica? Guarda che è una questione di tecnica e di concentrazione e poi se non ci riusciamo, pazienza. Però almeno ci abbiamo provato! Quante volte ve l’ho ripetuto, ragazzi? La sola sconfitta è rinunciare a fare le cose per paura di fallire, quindi mai arrendersi ancora prima di mettersi alla prova. Forza Marco! Dai!»Il ciccione oversize non sembra molto convinto, tentenna e noi siamo tutti col fiato sospeso, poi di fronte agli incoraggiamenti del prof, alla fine, si muove lentamente verso la pertica. Lele mi colpisce leggermente il fianco con il gomito e sussurra: «Evvaiii! Il ciccione ci prova! Comincia a riprendere da dietro le mie spalle e vedrai che figata viene fuori!»Prima tengo basso lo smartphone, lo metto in registrazione e comincio a girare il video protetto dalle teste di Lele e Mauri. Oversize indossa dei pantaloni corti dell’Adidas che dentro potremmo starci in tre e la maglietta, probabilmente una XXL, gli sta appiccicata al lardo come una muta da sub; già così fa ridere abbastanza, ma il bello inizia quando con le sue mani grassocce e umide afferra la pertica e tenta di tirarsi su. Sembra un bradipo obeso! Il ciccione incrocia le caviglie al palo e inizia i suoi patetici tentativi di salire verso l’alto. Una comica! Un video del genere ce lo sognavamo da tempo, altro che quelli fatti di nascosto in classe quando si alza dalla sedia, questo è veramente super divertente. Oversize annaspa, sbuffa, guadagna qualche misero centimetro verso l’alto, ma poi si blocca a neppure un metro da terra. Gli compaiono come sempre quelle schifose goccioline di sudore sulla fronte che cerca inutilmente di asciugarsi con il dorso della mano. Mauri si avvicina all’orecchio di Lele e sussurra: «Cacchio, è proprio un sacco di merda appeso per aria!» Io continuo a riprendere, mentre Lele con uno sbuffo trasforma la risata in un colpo di tosse. I penosi tentativi di “palla di lardo” durano circa un paio di minuti, ma poi si arrende ed è avvilito come un tacchino a Natale. Di materiale video ne abbiamo in abbondanza, stoppo la registrazione, nascondo lo smartphone nella tasca della felpa e lo rimetto dentro lo zaino. Missione compiuta! Intanto il prof consola Oversize e qualche sfigato che è lì vicino gli dice: «Bravo Marco! Intanto ci hai provato!» Naturalmente a fare da crocerossina c’è anche quella sfigata di Mary che gli passa una bottiglietta d’acqua. Io sono Rik (senza la c) e frequento la prima superiore di un Istituto Tecnico che è il più grande della provincia. Finalmente l’anno scolastico lo abbiamo quasi tutto trascorso in classe, basta lezioni online! Per me, come per tutti, la DAD è stata una disgrazia. Non dico che sono arrivato a odiare lo schermo del pc, ma ci sono andato vicino. L’aspetto positivo è che potevo anche non stare a sentire i prof che spiegavano, tanto non se accorgeva nessuno; invece, in classe è più facile essere sgamati, però a scuola c’è vita! La cosa più divertente della DAD sono state le ore con la Caponetti; durante le sue lezioni d’inglese, le passava sempre dietro il marito in mutande e lei proseguiva come se niente fosse. Lui si preparava il caffè, tirava fuori il barattolo dello zucchero dall’anta del mobile e poi faceva colazione, a volte canticchiava pure. Questo accadeva tutti i martedì e i venerdì quando la Caponetti aveva con noi la prima ora. Ovviamente abbiamo anche registrato quelle scene, le abbiamo montate e sono diventate un video di trenta secondi che ha fatto il giro di tutto l’istituto. Non l’abbiamo postato su Instagram e Tik Tok solo per paura di venire beccati, ma ne sarebbe valsa la pena! I miei migliori amici sono Tiziano, Lele e Mauri. Fino a quest’anno eravamo in classi diverse, ma in strada abbiamo sempre giocato assieme, siamo cresciuti tutti nella stessa via. Non è che viviamo in un quartiere ricco, però alla fine non ci manca niente, basta imparare qualche regola importante, tipo che nella zona del parco dove ci sono i giochi per bambini è meglio non andare perché lì spacciano e non vogliono nessuno tra le scatole. Una volta Tiziano ha avuto la pessima idea di riprenderli e uno di loro gli ha spaccato il telefonino per terra, con gli spacciatori è meglio non fare cavolate. Ogni tanto arriva la Polizia, loro scappano, ma dopo mezz’ora tornano tutti al proprio posto. Dell’argomento droga ne parliamo poco perché mio padre spacciava ed è finito dentro per sei mesi. Io ero piccolo e non mi ricordo niente, però immagino che non debba essere stato facile per mamma mandare avanti la baracca. Adesso papà lavora in un forno, praticamente è fuori la notte e dorme il giorno, mamma invece aiuta una vecchia che da sola non ce la farebbe neanche a versarsi un bicchier d’acqua. Non è che le dia tanti soldi, ma è meglio che niente. Loro, intendo i miei, ci tengono che prenda almeno un diploma. Devo dire che quest’anno di prima superiore, tutto sommato, è abbastanza divertente anche grazie a Oversize; io prima lo incontravo ogni tanto in giro per il quartiere, ma non ci avevo mai scambiato una parola, poi ce lo siamo trovati in classe. Come tutti i ciccioni non è che sia una faina; a giocare a pallone non ne parliamo: una volta lo abbiamo messo in porta, ma era più immobile dei pali.Lui dice che prima del covid pesava meno e giocava a pallavolo, ma onestamente mi sembra una bella cavolata. Non c’è stato un giorno preciso in cui abbiamo pensato di tirarlo in mezzo con qualche scherzo, diciamo che ci è venuto naturale. Non mi vorrei sbagliare, ma tutto è cominciato quando Tiziano gli ha sgonfiato le ruote della bici che era legata a un palo della luce fuori dalla scuola. All’uscita, di nascosto, abbiamo ripreso la scena e lui come se niente fosse si è avviato verso casa spingendola a mano. Lo abbiamo fatto varie volte, poi hanno montato delle telecamere esterne, mica per la storia della bici, ma per i ladri che almeno una volta a settimana entrano di notte a scuola per rubare quel che trovano. Una volta, gli avevamo anche nascosto la sella dietro al parcheggio e quel pachiderma non l’ha neppure cercata; come sempre piano piano è andato verso casa. I ciccioni sono pigri e pensano solo a mangiare, questa è la verità. Me lo immagino a casa mentre di fronte alla tv si spara hamburger di tre piani sepolti dal ketchup. Lui non reagisce mai, magari ci guarda e basta con quella espressione da mucca e questo ci ha fatto incavolare sempre di più. I video alle sue enormi chiappe, che realizzavamo di nascosto in classe, e anche quelli girati fuori da scuola, ogni volta che gli sgonfiavamo le gomme, abbiamo iniziato a postarli su una chat che gli abbiamo dedicato e che si chiamava Morte al maiale. Dico la verità, a me sembra che a volte esageriamo e un po’ e mi fa pena, ma poi quando gli altri propongono qualche nuova cosa da fargli non mi tiro mai indietro. Poi mica lo ammazziamo o lo picchiamo, sono solo degli scherzi. Nella chat, ammetto che ci sono cose che fanno molto ridere: con Photoshop abbiamo inserito la sua testa sul corpo di un elefante e anche su quello di un cinghiale. Poi ci sono battute che fanno spaccare, tipo: «Fai prima a saltargli sopra che a girargli intorno», «Natale è alle porte, peccato che lui rimarrà incastrato», oppure c’è chi l’ha definito «il tricheco di terra.» Sono le quattro del pomeriggio e incontro Tiziano in fondo alla via, dove ci sono le panchine di fronte alla fermata del bus. C’è da divertirsi, perché dobbiamo montare il video girato in palestra, quello della pertica. Tiziano è uno smanettone più bravo di me, quindi gli inoltro il video e iniziamo il montaggio con il suo smartphone. L’idea viene a me: «Come effetto sonoro, ad ogni sforzo che Oversize fa per arrampicarsi aggiungiamo una scoreggia!» L’idea ci piace subito e iniziamo a ridere ancora prima di aver completato il video. Alla fine, ne esce fuori una bomba! È lungo una quarantina di secondi ma fa veramente spaccare! Un’ultima controllata, lo inseriamo nella chat e nel giro di mezz’ora i commenti si sprecano. La mattina dopo, appena entro a scuola, vedo Lele e Mauri nel corridoio. Prima di entrare in classe facciamo in tempo a gustarci per l’ennesima volta il filmato. È una di quelle cose che non ti stancano mai, perché più lo guardiamo e più ci fa ridere. Sì, è veramente un peccato non poterlo postare su Tik Tok, ma non è detto, magari troviamo la soluzione per non essere identificati e riusciamo nell’impresa. Stranamente il tricheco non è a scuola, lo faccio notare a Tiziano che aggiunge: «Forse Oversize si sarà mangiato la pertica o magari è rimasto bloccato nell’ascensore di casa.» Detto questo, entriamo in classe. Durante l’intervallo qualcuno dice che il ciccione è andato direttamente dal preside accompagnato dalla madre. Parlo con Tiziano e Mauri, siamo tutti d’accordo sul fatto che palla di grasso non è tipo da fare cose del genere, poi mica l’abbiamo gonfiato di botte e il video è stato diffuso solo in qualche chat, si tratta di una scemata, le cose gravi sono altre. Almeno questo è ciò che abbiamo pensato fino alla mattinata successiva, quando ci ha convocato il preside. Devo dire che non è stato fantastico aspettare che ci ricevesse, ma il peggio doveva ancora arrivare. Quando siamo entrati ci ha ricevuto con un buongiorno che era più tagliente di un bisturi, poi ci ha fatto sedere su delle sedie di fronte allo schermo al plasma e quindi, dopo aver inserito una chiavetta USB, senza commentare, ci ha mostrato non solo il video della pertica, ma anche i filmati in cui lo riprendevamo in classe e persino quello della prof Caponetti. Come se non bastasse, il dirigente aveva messo in fila oltre quaranta screenshot che contenevano dei commenti su Marco, compresi tutti i contenuti della chat. Terminata quella visione, non è che io mi sentissi proprio bene: mentre guardavo i video e leggevo gli screenshot provavo un senso di vergogna che non conoscevo. Non è semplice da spiegare, ma è come se vedessi tutte quelle cose per la prima volta, quasi che fossero state realizzate da qualcun altro. Quando la tortura è terminata, il dirigente, senza mai alzare la voce, ci ha spiegato che ci avrebbero potuto denunciare sia la scuola sia la famiglia di Marco, e aggiunse: «non solo la famiglia del ciccione o di Oversize, come voi lo avete definito, ma anche la prof Caponetti e altri ancora che avete massacrato con i vostri filmati e le vostre chat. Purtroppo per voi – ha aggiunto con un tono neutro – da pochi mesi avete compiuto quattordici anni e questo complica ulteriormente la vostra posizione nei confronti della legge. Stiamo parlando di Codice Penale, sappiatelo già sin d’ora. Potete solamente sperare che non vi denuncino; invece, per quanto riguarda la scuola, per prima cosa voglio vedervi nuovamente seduti di fronte a me assieme ai vostri genitori e poi, visto che siete così esperti di bullismo e cyberbullismo, ritengo che siate le persone più indicate per evitare che certe cose possano ripetersi nuovamente.» Quando sono uscito dalla presidenza, quel senso di vergogna per ciò che avevo fatto mi è rimasto appiccicato come una seconda pelle e non riuscivo a scrollarmelo di dosso. Tiziano ha provato a prendersela con Oversize lanciandogli contro offese di ogni genere, ma io con la testa ero altrove, dentro me sentivo che Tiziano stava tenendo un comportamento sbagliato e che noi avevamo fatto cose assurde senza rifletterci su neppure un istante. Questa verità mi era apparsa di fronte quasi all’improvviso. Ripensavo a certe cose terribili ed era come se le avesse compiute un altro Rik, incapace di pensare. Lo so che può sembrare strano, ma vi garantisco che non si trattava solo di paura per la denuncia, più che altro era la sensazione di aver agito in maniera sbagliata a procurarmi angoscia. E neppure poca. Non è stato semplice raccontare a papà e mamma quanto fosse accaduto e vi garantisco che non l’hanno presa bene. Mamma ha pianto e tra l’altro mi ha ricordato che anche suo fratello che morì giovanissimo era obeso. «Lo fecero soffrire come un cane a scuola – ha aggiunto mamma con un filo di voce – tuo zio era ipersensibile e probabilmente sono state anche quelle cattiverie a rovinargli il cuore. La cattiveria può uccidere, non dimenticarlo mai Rik.» Ho trascorso la notte senza chiudere occhio, la testa e il cuore attraversati da pensieri più cupi di un temporale. Il giorno dopo, poveracci, papà e mamma mi hanno dovuto accompagnare a scuola. Erano presenti anche Lele e Mauri con i rispettivi genitori; invece, Tiziano non si è presentato e neppure un suo familiare. Noi lo sapevamo che non sarebbero venuti, è una famiglia strana quella di Tiziano, sua madre ha problemi con l’alcol e il padre, un tipo con il codino, non abbiamo mai capito che lavoro facesse. La sera Tizzi ci aveva comunicato con WhatsApp che i suoi del ciccione se ne sbattevano e che certe cose accadevano da sempre; quindi, i ragazzi se la sarebbero dovuta sbrigare tra loro. In presidenza, sudando freddo, mi sono dovuto rivedere tutti i video e gli screenshot, solamente che questa volta avevamo accanto anche i nostri genitori. Una vera tortura, dall’agitazione non sono riuscito neppure per un attimo a stare fermo sulla sedia, volevo solo scomparire, come accade nei film o nelle favole. Il dirigente ha spiegato ai nostri genitori che la famiglia di Marco non aveva ancora deciso se sporgere denuncia, e nel qual caso ci saremmo dovuti procurare un avvocato, in quanto con ogni probabilità ci sarebbe stato un interrogatorio e quindi un processo. Per la prima volta, mentre il preside con molta pacatezza parlava di tribunale dei minori, giudici e via dicendo, ho avvertito una folata di panico che mi ha colpito l’intestino e sono dovuto correre in bagno. Lì ho scoperto che quando dicono che uno se l’è fatta sotto dalla paura non è un modo di dire, ma la sacrosanta verità. Nel frattempo, non so come, la notizia che un gruppetto di adolescenti stava bullizzando un compagno obeso era uscita anche sui giornali locali. Ovviamente non venivano fatti i nomi, ma tutti sapevano che i colpevoli eravamo noi e vi garantisco che sentirsi gli occhi di tutto il mondo puntati addosso è proprio terribile. Pensandoci bene, stavo provando quello che Marco (non lo chiamerò mai più Oversize o ciccione, sia ben chiaro) doveva avvertire quando noi lo osservavamo con aria di sfida all’uscita da scuola e in tante altre occasioni. Devo ammettere che i cinque giorni di sospensione ci hanno aiutato ulteriormente a riflettere e quando siamo tornati a scuola eravamo tutti ancora più consapevoli dei nostri errori. Tiziano invece non si è più presentato e lo abbiamo completamente perso di vista. Purtroppo, dicono che adesso sia finito in un brutto giro, roba di spaccio naturalmente. Certo che abbiamo tirato tutti un bel sospiro di sollievo quando il preside ci ha comunicato che Marco non ci avrebbe denunciati. Sapevamo però che ora, per rimediare ai nostri errori, ci saremmo dovuti impegnare per sensibilizzare gli altri e tutelare i più deboli. Beh, volete sapere la verità? Sia io che Lele e Mauri non abbiamo vissuto questo impegno come una punizione, ma piuttosto come un’opportunità per riscattare il nostro passato. Brutto a dirsi ma eravamo dei delinquentelli che non avevano avuto rispetto di un altro essere umano e quindi sapevamo benissimo come individuare sia le possibili vittime che gli eventuali persecutori. L’idea del preside era semplice: avremmo dovuto creare un gruppo di lavoro composto da studenti, destinato a combattere qualsiasi fenomeno di bullismo e di cyberbullismo. A coordinarlo sarebbe stato Marco, la nostra povera vittima. Eravamo tutti tesi quando in presidenza si è svolta la prima riunione; per fortuna il dirigente ci ha aiutati a riempire quei primi silenzi che erano densi di cose non dette e di emozioni contrastanti. A modo nostro, anche se in maniera un po’ impacciata, ci siamo comunque tutti scusati con Marco e io gli ho anche detto che per essere cattivi, a volte, è sufficiente non pensare e accettare le regole negative del branco, agendo senza un briciolo di coscienza. Naturalmente non era una giustificazione, ma un dato di fatto. Marco ha compreso, ha accettato in maniera semplice e sincera il nostro pentimento e poi abbiamo iniziato a pensare cosa poter fare per la nostra scuola. Inizialmente le parole faticavano ad uscirci di bocca, ma poi, minuto dopo minuto, ogni cosa ci è venuta naturale. Più parlavamo, più ci conoscevamo e più scomparivano pregiudizi e differenze di ogni genere. Marco, una volta che il dirigente ci ha lasciati soli, ci ha raccontato dei suoi squilibri ormonali, delle sue difficoltà e del suo desiderio di aiutare gli altri, cosa che ovviamente ci accomuna. Le parole possono costruire ponti dalla lunghezza infinita e questo, io, l’ho scoperto proprio in quella giornata. Forse una delle cose più importanti dei miei pochi quattordici anni, quasi quindici a dire il vero. Ho persino convinto Marco a frequentare la mia stessa palestra. Il nostro progetto contro il cyberbullismo, nel frattempo, sta prendendo forza e si basa sulla collaborazione attiva tra studenti. Ve la ricordate Mary? Quella che consideravamo una rompiscatole perché prendeva le difese di Marco? Beh, se di Mary in ogni classe riuscissimo ad averne tre o quattro, diventerebbe molto più semplice bloccare sul nascere le azioni vessatorie (ho scoperto che si dice così). In tanti ci stanno aiutando e anche se la nostra scuola è una metropoli, di questa iniziativa tutti ne stanno parlando, molto, e bene. A noi interessa tutelare i deboli, i fragili e soprattutto farlo risvegliando in ognuno di noi il senso di giustizia, perché lo possediamo tutti il senso di giustizia; nel mio caso era ben nascosto, ma tutto sommato basta cercarlo e alla fine lui salta fuori. Bello vero? E poi, credetemi, abbiamo già risolto sul nascere qualche situazione. Non è semplice, ma la soddisfazione di sentirsi dire «grazie» da un compagno ha un valore inestimabile. Ti regala energia, è un premio alla tua persona e alla tua autostima. Anche i prof hanno compreso che ci siamo veramente pentiti e mi è rimasta scolpita nella memoria una frase della Morbidelli che insegna italiano: «La parola “diverso” è l’essenza della vita; è la parola “uguale” che, invece, non esiste.» Penso che abbia proprio ragione: che ci piaccia o no, ognuno di noi rappresenta una creazione unica e irripetibile. Se ci riflettiamo, non esistono due nuvole identiche e persino il filo d’erba di un prato può assomigliare agli altri, ma resterà sempre un qualcosa a sé stante e soprattutto degno del massimo rispetto 

Per offrirti una migliore esperienza di navigazione questo sito utilizza soli cookie tecnici, anche di terze parti. Per ulteriori informazioni consulta la nostra
Cookie Policy   
PROSEGUI