La storia di

Gaia (una figlia)

Certe cose quando accadono ti faranno sempre soffrire, ma se provi a sopportarle nascondendoti, la sofferenza si moltiplica.

Ascolta questa storia raccontata da Luca Pagliari

“Chi fa soffrire il prossimo fa male a se stesso. Chi aiuta gli altri aiuta se stesso.”
(Lev Tolstoi)

Già, Gaia. La sua storia mi è capitata sottomano attraverso le parole di un amico giornalista e mi aveva colpito molto. Una storia di dolore ma anche di coraggio, quello di una ragazza che dopo aver vissuto esperienze terribili, è riuscita ad aiutare una sua compagna che stava precipitando nello stesso abisso e tutto ruota attorno ad una frase: «conta su di me».

Una storia vecchia come il mondo che è approdata negli universi fluidi e impalpabili del digitale. Nuove galassie dove le cose che possono cambiare le nostre vite si compiono di fronte a un display. Nessuna fatica apparente, un semplice clic è sufficiente per modificare la traiettoria della nostra esistenza e spesso anche di quella altrui.

Finalmente sento lo scatto del portone e compare Gaia. No, non è così che me l’aspettavo questa ragazza di 19 anni che porta il dolore tatuato sulla pelle. A dire il vero, non ero proprio riuscito a darle un volto e un corpo, ma di certo mi aspettavo altro.

Gaia è minuta e molto alta, infatti la pallavolo è una delle sue grandi passioni, ha una pioggia di capelli lunghi biondo cenere raccolti in una coda che le scende fin sulle spalle. La sua è una bellezza mediterranea vera e profonda come il suo sguardo. È una ragazza elegante in tutto, questo lo si capisce subito. Non parlo di outfit e orologi di lusso, parlo di anima. Gaia è elegante perché, dai suoi movimenti e dalle prime parole che ci scambiamo, traspaiono un’educazione e un modo di essere che qualcuno deve averle trasmesso fin da bambina. Difficile immaginare che questa ragazza abbia attraversato uno o più inferni e che sia stata capace di venirne fuori, eppure è così che stanno le cose. Saliamo in auto e mi lascio guidare. Lei ci pensa un attimo e poi decide che andremo a chiacchierare all’interno di un parco cittadino immerso nel verde che si affaccia sul fiume. Dieci minuti e siamo lì.

Questa città l’estate diventa pigra e sonnacchiosa, la gente è in vacanza, il tempo comincia a dilatarsi. Non c’è praticamente nessuno e mentre passeggiamo lungo il vialetto di ghiaia protetto dagli alberi, lei inizia a raccontarmi della sua infanzia felice e di quella mamma, Gabriella, che è sempre stata il suo grande punto di riferimento, in tutto e per tutto. Per comprendere la forza di quel legame non è necessario che lei lo evidenzi, è sufficiente il tono della sua voce che improvvisamente inizia a vibrare in maniera diversa:
«Mamma è tutto. Lei c’è sempre e a volte capisce quello che provo ancora prima che io stessa riesca a metterlo a fuoco». È figlia unica Gaia e sorridendo mi racconta di essere viziata “quanto basta”. C’è una panchina all’ombra e ci sediamo uno di fronte all’altra, adesso raccontarsi è ancora più semplice. A farci compagnia c’è solo un esercito di cicale, tanto per ricordarci che siamo nel cuore di agosto. La vita di Gaia è spaccata a metà, divisa in maniera netta da un prima e un dopo. Il “prima” fila via liscio, storie ordinarie e straordinarie di una bimba che poi diventa adolescente, le vacanze al mare in Romagna, le ali che prendono forma, il desiderio di spiccare il volo e gli inevitabili contrasti con chi vorrebbe fare in modo che quel volo possa portarla sulla giusta rotta. Io però a Gaia chiedo di parlarmi del dopo, quando tutto è improvvisamente cambiato.

«Avevo circa quattordici anni, frequentavo la prima superiore e una mattina come tante, d’improvviso, un ragazzo ha cominciato a insultami in maniera perfida. Ero devastata e soprattutto spaesata. Cosa stava capitando alla mia vita? Perché quella esplosione di cattiveria? Contemporaneamente tutto quel veleno si è trasferito sui social, parole terribili di chi neppure sapeva chi fossi. Nulla di più schifoso e vigliacco».

Ascolto con attenzione, Gaia mantiene sempre lo stesso tono, sono passati anni e ha imparato a prendere le distanze da quel dolore che comunque non potrà mai essere cancellato. Benvenuta all’inferno e allora la pioggia si trasforma in tempesta. Anche i presunti amici cominciano ad insultarla, Gaia è dentro il peggiore degli incubi e la solitudine nera, quella che uccide, la avvolge come una ragnatela. Gaia è smarrita, non capisce, è terrorizzata. Gli insulti nel giro di pochi giorni non le arrivano più solo dai suoi concittadini, ma da ogni angolo d’Italia. Solo poche amiche le restano accanto, il resto del mondo le è contro. Perché? Quella domanda le sconquassa anima e cervello, si trova in un vicolo cieco, non trova nessuna risposta a quell’ondata di crudeltà che l’ha investita da un giorno all’altro.

«Mi definisco una persona solare e allegra, ma quella era la mia fine. Ho smesso di uscire, di frequentare persone, ho smesso di sorridere, ho smesso di parlare con mamma. Ho smesso di vivere, Luca. Era tutto troppo, era un peso insostenibile da reggere».

Nel frattempo, Gaia riesce a scoprire le radici di quell’odio folle. Il suo ex con cui ha chiuso da oltre un anno, ha diffuso online delle foto intime che la riguardano. Lei lo contatta, chiede spiegazioni, vuole capire perché abbia agito in quella maniera crudele. Superficialità? Vendetta? Lui alla fine confessa. Si è voluto vendicare per la chiusura improvvisa di quella storia e le racconta che tutto sommato lei non si meritava nulla di meglio.

Un giorno la mamma affronta a viso aperto quella figlia che sembra vivere in un mondo parallelo, è stato un amico di famiglia a metterla al corrente che Gaia è al centro di uno scandalo. Foto pedo pornografiche, una vergogna, eppure sembrava tanto una ragazza a modo! La provincia sonnacchiosa e opulenta improvvisamente si sveglia e morde anche quella mamma con la velocità di un cobra. Stilettate di veleno e moralismi da due soldi viaggiano di bocca in bocca alla velocità della luce. I bisbigli più perfidi riempiono i vicoli della città come spifferi di aria gelata nelle giornate d’inverno.

Quando la mamma le parla, Gaia vorrebbe scomparire nel nulla. Sente di aver deluso la persona più importante della sua vita, l’autostima svanisce nel nulla e quello per Gaia è il punto più basso di quel calvario. Sembra paradossale, ma quando cadiamo a terra, è solo grazie a quella terra che possiamo tentare di rialzarci. La rabbia della mamma è una vampata che dura un istante e poi fa subito comprendere a quella creatura fragile che in quella battaglia non sarà mai sola. Si, è stata ingenua, tutti sanno che le foto intime non devono essere condivise, tutti conoscono i pericoli della rete, ma a volte la vita è fatta di momenti diversi, di affetti, di condivisioni, di scelte sbagliate che nell’ingenuità del momento sono dettate dalla buona fede, quasi come fossero piccole grandi prove di fiducia da condividere assieme ad un partner. Nel mezzo di quella tempesta quasi nessuno sembra rendersi conto che Gaia è la vittima e non la colpevole, le offese e gli attacchi sono rivolti esclusivamente contro di lei, tutti sembrano essersi dimenticati di chi ha tradito la fiducia di quella ragazzina consegnando l’immagine di quel corpo nudo e fragile al mondo intero. Verso di lui nessun accanimento, i social non lo azzannano, preferiscono mordere Gaia, lui rimane un semplice comprimario dell’intera vicenda.

Gabriella prende in mano la situazione, a testa alta, senza vergogna. Gaia la ascolta e inizia un percorso di psicoterapia, cambia scuola, filtra le amicizie buone da quelle perfide, cerca di trovare il coraggio per potersi nuovamente guardare in uno specchio senza provare disgusto verso se stessa. La mamma torna ad essere la stella da seguire per uscire dal mare in tempesta. «Sapessi quanto è stato difficile comprendere che io non ero sporca e un essere da evitare – mi racconta Gaia – qualcuno aveva trasformato il mio corpo in un oggetto, in un qualcosa da mostrare esattamente come accade con la carne nella vetrina di un macellaio. Mi avevano rubato l’anima. Ora sono passati anni da quel periodo, eppure le cose non sono cambiate troppo quando si tratta di giudicare una ragazza e questo è piuttosto triste».

Gaia mi spiega con parole efficaci quanto sia facile ferire qualcuno con una semplice parola. Poi aggiunge che, forse proprio per quello che ha passato sulla sua pelle, oggi cerca di essere sempre imparziale, di non emettere giudizi

che assomigliano a sentenze definitive: «Giudicare è molto facile, beh, io nel mio piccolo non voglio giudicare ma capire, comprendere il perché delle cose e questo non è sempre facile». Lei parla ed io percepisco che il suo passato doloroso non le ha lasciato rabbia e odio, quanto piuttosto il desiderio di essere una persona migliore, evitando di scivolare dentro quelle dinamiche crudeli che le avevano provocato il desiderio di scomparire nel nulla. Quel nulla troppo spesso in tante circostanze si è trasformato in morte. La storia di Gaia è quella di una ragazza in fuga da un passato che tutti le volevano ricordare ad ogni istante della sua vita, e quante lacrime e quanta disperazione.

Gaia riprende il racconto: «Quando ho cambiato scuola speravo che le cose sarebbero cambiate, invece come prima cosa mi esclusero dalla chat di classe, in quanto ritenuta una peccatrice immonda». Ora parla a ruota libera, mi sembra di ascoltare una storia ambientata nel Medioevo dove le presunte streghe finivano al rogo, eppure siamo nel 2023, quasi 2024. Triste notare quanto l’uomo sia ancora lontano da una vera crescita etica e morale. Dove si nascondono l’amore per l’altro, la comprensione, la compassione, il senso della comunità? Fatico a trovare risposte, però sono convinto che solo portando alla luce storie come questa, forse qualcuno comprenderà meglio cosa significhi il rispetto. Forse.

Per Gaia dai grandi occhi azzurri è stato complicato rimanere a galla, poi fortunatamente il tempo si è trasformato in un amico e l’ha aiutata non a dimenticare, ma a riprendersi in mano la vita. Ora entriamo nella storia più recente, quella che mi ha portato ad ascoltare questa ragazza, seduti su una panchina in una stranamente fresca giornata di agosto. Quella che ho letto su un quotidiano. «Tutto sembrava finito, erano passati alcuni anni da quel brutto periodo. Siamo nel 2022 e una domenica mi telefona un’amica di quelle vere, mi racconta tra le lacrime che il suo ex la sta minacciando, si sono lasciati da poco e lui non ne vuole sapere, continua a insultarla e soprattutto le ha lasciato intendere che potrebbe diffondere un loro video girato in un momento di intimità»

Gaia mi racconta che non era stato semplice convincere la sua amica che lei stessa sarebbe andata a parlare con quel ragazzo. Era terrorizzata dall’idea che le cose potessero precipitare. Inizialmente lui non ne voleva sapere ma alla fine, grazie all’insistenza di Gaia, finì con l’accettare l’idea di incontrarla.

«Ricordo benissimo quel pomeriggio – mi dice Gaia – purtroppo essendoci già passata sapevo benissimo molte cose e così le spiegai che, ciò che lui considerava una vendetta, in realtà equivaleva ad vero e proprio atto di masochismo. Gli parlai dei reati a cui sarebbe andato incontro iniziando dalla diffusione di materiale pedo pornografico, e poi le spese legali, i giornali, le possibili ritorsioni sui social. Beh, a volte
i miracoli accadono, e dopo un intero pomeriggio di parole giuste lui lentamente è riuscito a tranquillizzarsi. È stato persino in grado di ammettere che era un diritto della mia amica chiudere la loro storia, visto quel sentimento forte che all’inizio li aveva coinvolti, lentamente si era indebolito, ed
a volte quando ciò accade non ha senso cercare colpevoli e tanto meno covare un desiderio di vendetta. Si, Luca, pro babilmente sono riuscita ad evitare che potesse accadere ciò che io avevo vissuto in prima persona e sono orgogliosa per tutto ciò».

Istintivamente domando a Gaia perché abbia scelto di raccontare questa storia e la sua risposta è immediata: «Ho deciso di raccontare questa mia esperienza, perché secondo me è molto importante sensibilizzare la gente su questi temi. Parlando possiamo aiutare una ragazza che magari si trova
a dover vivere un incubo del genere, non facendola sentire sola. Parlare è la salvezza. Se mia mamma non avesse scoperto tutto ed io non fossi riuscita a intraprendere un percorso di recupero, probabilmente avrei continuato a vivere avvolta da quella cappa angosciante che si nutre di sensi di colpa e sfiducia verso sé stessi. Per questo, Luca, sono qui».

Mi rendo conto quanto deve essere stato complicato per Gaia non sentirsi “sporca” e riacquistare la forza per girare a testa alta, magari andando fiera di quello che è oggi. «Sai Luca, certe cose quando accadono ti faranno sempre soffrire, ma se provi a sopportarle nascondendoti, la sofferenza si moltiplica».

Mi sembra naturale domandare a Gaia se pensa di essere cresciuta troppo in fretta ed anche in questo caso la sua risposta non si fa attendere: «Io sono contenta della persona che sono, molto contenta! Ho fatto tante esperienze, questo si, ma non mi sento più grande dei miei diciannove anni».

Penso a #cuoriconnessi, alle tante storie che abbiamo raccontato e che racconteremo, ai fiumi di dolore che abbiamo attraversato, a tutte le circostanze in cui ci siamo imbattuti in casi di reputazioni distrutte da una semplice foto e la storia di Gaia purtroppo conferma una cosa: una volta finito online quel materiale potrebbe torna re a perseguitarci in qualsiasi momento delle nostre vite, anche a distanza di anni. Per certi versi è come contrarre una malattia incurabile che in maniera latente ci accompagnerà per il resto dell’esistenza. Nessuno, ma proprio nessuno, potrà mai essere in grado di garantirci che quel male potrebbe ricomparire come un ospite indesiderato. Si sta bene in questo parco, c’è una calma che fa bene al cuore e poi il frinire delle cicale alla fine è diventato piacevole, si è trasformato nella colonna sonora di questa mattinata

Gaia rimane in silenzio per qualche attimo, rimette in ordine i pensieri e poi mi regala un’altra riflessione: «Mamma è stata tante cose, mi è rimasta accanto quando notava che ero veramente sprofondata all’inferno, mi trasmetteva forza eppure sapevo benissimo quanto anche lei stesse soffrendo.
So benissimo che aveva il cuore spezzato, eppure non ha mai mostrato un attimo di cedimento. Non potrò mai saperlo con certezza, ma senza il suo appoggio incondizionato ed i percorsi che mi ha aiutato ad intraprendere, forse questa mattina non sarei stata qui. Forse avresti dovuto raccontare un’altra storia”.

Restiamo in silenzio, ho capito benissimo cosa intende con quel “un’altra storia”. Anche Gaia rimane colpita dalle sue stesse parole che mi ha consegnato di getto seguendo un flusso di emozioni profonde e più vive che mai. Avverto che siamo quasi arrivati al capolinea della nostra chiacchierata. Non mi vengono altre domande, mi limito a chiederle di aggiungere quello che più sente nel cuore.

«Troppa inconsapevolezza, emettiamo giudizi senza sapere niente, questo è il mio grande cruccio, le persone parlano, insultano, si crea un passaparola devastante e questo è grave. Io a causa di questi comportamenti ho sofferto. Mi offendevano persone che non mi avevano mai vista e magari vivevano a miglia di chilometri dalla mia città. Come è possibile che accada tutto questo? Io non ero un avatar, ero un’adolescente impaurita e nulla di più. Ecco, questo pensiero ancora mi provoca un dolore intenso e non so se riuscirò mai a non provarlo».

Mentre ci alziamo dalla panchina decido che forse è arrivato il momento di dare un’occhiata al futuro, la vita procede e tra poco Gaia si tufferà in una nuova avventura, quella universitaria che la porterà all’estero. «C’è voluto un po’ di tempo per capire come proseguire il mio cammino e ora mi si spalanca di fronte un nuovo capitolo, non vedo l’ora di iniziare questa esperienza che mi porterà a Londra. Ho ripreso fiducia nella mia esistenza e a distanza di anni posso dire di stare bene così. Nei periodi più neri pensavo che la mia vita sarebbe stata così per sempre, non riuscivo a scorgere un filo di luce, buio totale. Pensavo che quel marchio fosse indelebile e se in certe frazioni della tua esistenza cedi di testa, cominci anche a pensare che in fondo te lo sei meritato». Parole pesanti. Riprendiamo il vialetto in direzione dell’uscita, rumore di ghiaia, camminiamo lentamente e intanto Gaia pensa a dove pranzeremo, lei adora la pizza:
«Sai Luca, conosco un posto che ha un pizzaiolo fantastico, questione anche d’impasto». E allora che pizza sia!

Parla liberamente Gaia, non è più un’intervista, sono considerazioni fatte mentre si passeggia: «L’idea di aiutare gli altri mi entusiasma, è una ricompensa, una maniera intelligente per dare anche un senso a quanto ho vissuto. Conta su di me, ti piace questa frase?» Le rispondo di sì, che mi piace molto. La mia risposta la soddisfa, segue un attimo di silenzio: «E poi dimenticavo…grazie di tutto, mi affascina il
progetto #cuoriconnessi, nessun giudizio, nessuna morale e tante storie, la mia vita riparte anche da esperienze come questa».

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